L'association "Radiche" nait de la
conscience qu'entre la Corse et l'Italie ont existe', et
continuent d'exister encore aujourd'hui, de profondes
affinites historiques, artistiques et
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[presentazione in corso
d'elaborazione]. A
cosa assomiglia la lingua còrsa?
(ovvero:
La serenata di un pastore di
Zicavo)
Chiunque si
interessi di Corsica sa che il dibattito sulle
somiglianze della lingua còrsa suscita
reazioni emotive forti. Quasi duecento
anni prima, nel 1817, il còrso Salvatore
Viale affermava: Spesso avviene
che i Còrsi rifiutino di riconoscere la
vicinanza della lingua còrsa ai dialetti
italiani, riprendendo quanto scritto da Albertini
nei primi anni Settanta: Questa tesi
(4)
continua a essere presentata anche in lavori
più recenti: Oggi
risulta come un'evidenza che il corso é
lingua di origine latina (occupazione romana nel
259 a.c.), autonoma, in relazione genetica con
tutte le altre lingue romanze. Se si dovessero
cercare somiglianze linguistiche tra il corso ed
altre lingue, ognuno si accorgerebbe che il
corso presenta dei punti comuni con tutte le
lingue neolatine e non soltanto con il
toscano. Le ricerche
più recenti (anni 1970 in poi) compiute
dagli studiosi corsi hanno dimostrato il
carattere autonomo del corso, ristabilendo una
verità scientifica che non si discute
più. Per questo il corso é stato
riconosciuto come lingua d'Europa e si fa posto
nell'elenco delle lingue
romanze.(5) Da non
specialisti quali siamo, non riteniamo di poter
intervenire in un dibattito tanto delicato
né tantomeno di poter presentare delle
"verità scientifiche" e ci limitiamo a
proporre un involontario esperimento messoci a
disposizione dalle circostanze storiche per
saggiare a cosa somigli la lingua
còrsa.
Nel 1823 lo
scrittore inglese Robert Benson offre ai suoi
lettori la trascrizione di un vero canto popolare
còrso: [...]
I conclude my specimens of Corsican poetry with
the only two productions of the peasantry wich I
posses. As they are in the Corsican dialect, I
have subjoined glossarial notes to the words
most requiring
illustration.(6) Andare
minni (1) vuò da Succillenza
(2) (1) me
ne La serenata
incontrò un'eccezionale fortuna editoriale;
venne ripresa successivamente, tra gli altri, da
Merimée nelle sue Notes d'un voyage en
Corse, poi da Tommaseo nei suoi Canti
popolari corsi e da Viale (il probabile
informatore di Benson) nella prima edizione delle
sue Canzoni contadinesche corse del 1835 e
nella successiva edizione del 1841 intitolata
Canti popolari corsi.(8)
Il confronto tra le diverse versioni dimostra che
il testo riportato da Benson, con tanto di strofa
censurata quando la situazione si fa scabrosa per i
parametri dell'epoca, è il più
completo, anche se contiene diverse imprecisioni di
trascrizione. Il Tommaseo
introduce la serenata, da lui riportata solo
parzialmente, con un'annotazione non del tutto
chiara: "il seguente componimento è una
celia". Nella ponderosa Storia della poesia
popolare italiana: repertorio alfabetico e
critico, la serenata viene citata ancora una
volta, ma come probabile composizione dello stesso
Viale: la "celia" starebbe quindi
nell'artificiosità del canto, di origine
colta e non popolare: Testi e riviste
specializzate, che divulgavano secondo la moda
romantica la poesia popolaresca e contadina,
ripresero più volte la serenata. La rivista
tedesca Magasin für die Literatur der
Auslandes nel 1836 ne presenta alcune strofe ai
suoi lettori accompagnandole con una
nota: Illustrazione
dalla rivista tedesca Magasin
für die Literatur der Auslandes
(numero 34 del 18 marzo 1836),
stampata a Berlino, reperita su
Google
libri Il romanzo di
Merimée, Colomba (1841), che ha
perpetuato una serie di stereotipi sulla Corsica,
utilizza una citazione della serenata come pretesto
per il decisivo dialogo tra Miss Lydia Nevil, in
viaggio verso la Corsica insieme al padre
colonnello, e il giovane ufficiale còrso
Orso della Rebbia conosciuto sulla nave: - Ma fille
entend tous les patois italiens, répondit
le colonel; elle a le don des langues, ce n'est
pas comme moi. -
Mademoiselle comprendrait-elle, par exemple, ces
vers d'une de nos chansons corses? C'est un
berger qui dit à une
bergère: Miss Lydia
comprit, et trouvant la citation audacieuse, et
plus encore le regard qui l'accompagnait, elle
répondit en rougissant:
«Capisco». Miss Lydia,
conoscitrice di "tutti i dialetti italiani",
capisce e arrossisce per l'audacia del suo
interlocutore che approfitta delle scarse doti
linguistiche del colonnello per esprimere il suo
apprezzamento alla figlia proprio con le parole
della serenata del pastore di Zicavo.
La lettura del
canto del pastore di Zicavo, fin dalla prima riga
di testo, avrà già chiarito ai
lettori italiani, anche a quelli non siciliani ma
comunque ormai abituati ai romanzi di Andrea
Camilleri, che la lingua della serenata non
è il còrso ma il siciliano
(10),
come ha diffusamente spiegato Pasquale Marchetti
(11). mentre gli amanti
dell'opera lirica ricorderanno la famosa
"Siciliana" del prologo della Cavalleria Rusticana
di Mascagni, dove Turiddu canta: Marchetti
ipotizza che Viale si sia reso conto che il canto
fosse di origine siciliana, come risulterebbe dalla
modifica del titolo: da Canto
di un pastore di Zicavo
nella prima edizione a Canto
per un pastore di Zicavo
nella seconda edizione: In conclusione,
possiamo affermare l'attendibilità del
parere "non specialistico" espresso da Viale e da
Tomassini riguardo alla vicinanza tra la lingua
còrsa, soprattutto nella sua parlata
meridionale, e il siciliano. Pare piuttosto
improbabile che un canto portoghese, spagnolo,
monegasco, catalano o francese avrebbe potuto
essere attribuito a un pastore di Zicavo con
altrettanta facilità. [a
cura di Maria Cristina Ferro - Febbraio
2008] (2)
Salvatore Viale, Dionomachia, [nota (1)
alla serenata di Scappino], Bastia
1817 (3)
Jean Albertini, Précis de grammaire
corse, Editions du CERC, 1972 (4)
riportiamo il parere di O. Durand sui lavori di
Albertini: singolari concentrati di
incompetenza soddisfatta e spensierata, in una
raccapricciante grafia patoisante a base
francese (Olivier Durand, La lingua
còrsa, Paideia Editrice, Brescia
2003) (5)
Jean-Marie Comiti (IUFM della Corsica),
L'organizzazione dell'insegnamento del corso e
la formazione dei docenti,
http://www.interromania.com/[...] (6)
Benson, Sketches of Corsica, Or A Journal
Written During a Visit to that Island, in 1823,
London 1825 (7)
http://dante.di.unipi.it/ricerca/html/guerre_it.html (8)
Le diverse versioni della serenata e i riferimenti
bibliografici si trovano in questo file
PDF. (9)
Ermolao Rubieri, Storia della poesia popolare
italiana: repertorio alfabetico e critico, G.
Barbèra, Firenze 1877 (10)
http://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_siciliana (11)
Pascal Marchetti, La corsophonie: un idiome
à la mer, Albatros. Paris
1989 Traduction
française : en cours
d'élaboration
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traduction en cours
d'élaboration.
A cosa assomiglia la lingua
còrsa?
Gli Italiani di solito non hanno difficoltà
a trovare analogie con i vari dialetti italiani,
anche se molto dipende dall'età del locutore
còrso e dalla parlata che viene
ascoltata.
Stefano Tomassini (1)
così spiega ai lettori italiani come suona
la lingua còrsa:Immagina
l'umbro o il sabino parlato da un siciliano e ci
arrivi piuttosto vicino.
Il
vero vernacolo dei montanari còrsi,
è un misto di toscano, siciliano, sardo e
genovese; e sente più o meno dell'uno e
dell'altro di questi dialetti, secondo le
differenti provincie in cui si parla. Nel di qua
dai monti le persone men rozze usano un
linguaggio che si discosta dal romano e dal
toscano meno d'ogni altro dialetto
d'Italia.(2)
Le
corse n'est pas un dialecte italien. C'est un
dialecte roman qui est souvent plus proche
d'autres langues romanes, du portugais, de
l'espagnol, du monégasque, voire du
catalan ou même du français que de
l'italien classique.(3)
Per
molto tempo il corso é stato studiato
(soprattutto dagli italiani) per mettere in luce
la sua latinità ma anche i suoi rapporti
stretti con l'italiano, e dunque presentarlo
come un dialetto italico per non dire
italiano.
La serenata di
un pastore di Zicavo
I was
fortunate enough to acquire two mountain songs;
one a love song, and the other a satire on
French effeminacy. Both of these I shall lay
before the reader.
Illustrazione da
Sketches of Corsica di Benson, 1825,
reperita su
Google
libri
Ingrandire
-
Ingrandà
-
Grandir
Canzone montanara Corsa d'un pastore di
Zicavo
E da una lattra (3) ti vodru (4)
accusari,
Lu primu jurnu ch'idru (5) teni
udienza,
Unu mimuriali ci vuò dari.
Si la justizia nun mi fa clemenza,
A dru (6) ministru mi vadru appillari;
Parchè tu vuoli vivi di puttenza,
(7)
D'essere amatto e nun vulir amari.
Ma st' hai pinzeri (8) di vulemi
amani,
Quiestu è le modu chi t'ha da
tineri,
Bistemia, quannu (9) mi senti parlani,
E fatti cruci, quannu tu mi veri:(10)
Allor, la jenti nun pinzerà
mali;
Vidennu (11), che mi fai tal
dispiachieri.
Eppò, la sera mannami à
chiamani
Per qualchi to fidatto
millachieri.(12)
Gioja de' Cori e' sempre t'ho
chiamattu,
E per amari a tia (13), soju (14) sordu, e
muttu;
Pattu (15) piu chi nun patti unu
dannattu,
Sto in didr'(16) infernu, e ti dumannu
ajuttu.
O ingratta Donna, e parchè m' ha'
burlattu,
E quistu pettu parchè l' ha
farrutu? (17)
È medru (18) esseri amanti, e nun
amattu
Ch' esseri amanti amattu, eppò
traduttu. (19)
Gioja, tu m' ha' riduttu a singhiu (20)
tali,
Voju (21) à la messa, e nun so duvi
sia.
Nun ascoltu parodra (22) di missali,
E nun soju (23) più di (24) dr'ave
Maria;
Quann' e' la dico, nudra (25) nun mi
vali,
Parchi t'ho sempri in ti la fantasia.
E parchi e' soju a te troppu riali,
(26)
In onghi locu sempri ti vurria.
Quann' e' ti veccu (27) in qualche loccu
stari,
Ti pregue anima mia nun ti partiri;
Lasciami in cu quest'occhi saziari,
Ch' attru nun bramu sol ch' a tio
vidiri.
La to mammaccia mi faci adirari
Peghiu chi mortu mi vurrio vidiri.
Edra dici che sempre m' adruntani (28)
E chi nun ti fichiuli (29), e nun ti
miri.
Soju stattu à confissami, o Divia
mia
Sa' chi m'ha dittu lu me cunfissoru?
Dicci ch'affattu e mi scordi di Tia,
Chi se ci penzu mi conzummu e moru
S' e' la facissi gran pena aviria
A nun pinzari a vo', riccu tisoru
Ma quistu è veru, e nun dicu
bugia:
Se t' amu è penu, e se nun t' amu
è moru.
Disidara u malattu risanari
L'imprighiunattu di prighioni usciri;
Disidara u von (30) tempu u marinari;
Par (31) puteri u viaghiu suu siguiri,
Dinari, oru, ed arghientu accumulari,
Per puteri l'intentu conseguiri.
Et t' e' desideru puter bachiari
La to bucchiuchia (32), eppo' doppu
muriri.
Senza malizia e' ti vorrè
parlani
Senza malizia una volta in cun tia;
senza malizia e' ti vorrè
tirani
Senza malizia in di la stanza mia
*
*
*
*
[versi censurati da Benson e non
trascritti -
NDR]
L'acedru (33) innamurattu spessu gira,
Volandu par li boschi e la campagna;
E chivi canta e quinci intornu mira,
par rittruar l'amatta su' cumpagna.
Quannu po nun dra trova edru s'adira
E cu dulenti cantu edru si lagna
Ed e' quannu ti cercu, e nun ti trovu
E mille pene, e mille affanni e'
provu.
E'
t'amu tantu, e mi ne doju (34) lu
vantu
Chi nissunu nun t'ama quantu e mia.
Ti portu scrittu in quistu pettu
tantu,
Chi mai nun m' esci da la fantasia;
S' tu vuoi sapiri quantu sia 'stu
tantu,
E' quantu il pettu, e il cor dedr' alma
mia.
S'intrassi in Paradisu santu, santu,
E nun truvacci [(35)] a tia mi
n'esceria.
(2) sua eccellenza
(3) ladra
(4) voglio
(5) egli
(6) lo
(7) prepotenza
(8) pensiero
(9) quando
(10) vedi
(11) vedendo
(12) messaggero
(13) te (14) sono
(15) patisco
(16) nell'
(17) ferito
(18) meglio
(19) tradito
(20) segno
(21) vado
(22) parola
(23) so (24)
dire
(25) nulla
(26) fedele
(27) veggo
(28)
allontani
(29) vagheggi
(30)
buon
(31) per
(32) boccuccia
(33) uccello
(34) do
(35) trovassi
Si può affermare che si tratta in assoluto
della prima pubblicazione di un testo popolare in
lingua còrsa, a pochi anni dalla Serenata
di Scappino inserita da Salvatore Viale nella
sua Dionomachia (7)
, considerata il primo testo della letteratura
còrsa. Il
Tommaseo che pubblica il canto corso lo giudica
una celia. E tutta celia non sarà, ma ne
ha tutta quella parte che è sempre
inseparabile da quella specie di poesia
madrigalesca di cui questo canto partecipa. Ove
è dello artificiale è sempre un
po' di celia: e che artificiale sia questo canto
lo dimostra l'essere la variante corsa non altro
che la parte di un componimento popolare per lo
stile, ma non per l'origine, intitolato
« Serenata di un pastore da
Zicavo » e pubblicato per intiero dal
Viale.(9)
Ingrandire
-
Ingrandà
-
Grandir
Riportiamo
qui in originale il lamento d'amore di un
còrso, affinché i nostri lettori
sappiano come suona in realtà la lingua
in cui venivano cantate le ninnenanne a
Napoleone. L'asprezza della natura còrsa
non ha cancellato la dolcezza e la morbidezza
dei suoni italiani originari; attraverso questo
passaggio essi hanno anzi assunto un nuovo
fascino del tutto particolare. -
Matei m'a dit que vous reveniez d'Italie. Vous
parlez sans doute le pur toscan, mademoiselle;
vous serez un peu embarrassée, je le
crains, pour comprendre notre patois.
S'entrassi
'adru Paradisu santu, santu,
E nun truvassi a tia, mi n'esciria.
In che lingua
è scritta la serenata?
Inoltre il lettore italiano ritroverà nella
propria memoria delle analogie tra il testo della
serenata e altre composizioni siciliane, sia di
origine colta che popolare. Scriveva Giacomo da
Lentini nel XIII secolo:Io
m'aggio posto in core a Dio servire,
com'io potesse gire in paradiso ,
al santo loco, c'aggio audito dire,
o' si mantien sollazzo, gioco e riso.
Sanza mia donna non vi voria gire,
quella c'à blonda testa e claro viso,
che sanza lei non poteria gaudere,
estando da la mia donna diviso.E
s'iddu muoru e vaju mparadisu
Si nun ce truovo a ttia, mancu ce
trasu.Comme
si, revenu de son erreur, Viale voulait
signifier que le texte sicilien a pu facilement
servir à un berger de Zicavo, même
si celui-ci n'en était pas
l'auteur.(11)
Non pare però
che il cambiamento del titolo dimostri una
particolare consapevolezza da parte di Viale. E'
sufficiente infatti confrontare le diverse stesure
della serenata per notare quante piccole differenze
e quanti errori di trascrizione veri e propri ci
siano nelle diverse varianti del testo. Il fatto
stesso che Viale riproponga la serenata nella
seconda edizione della sua raccolta di canti corsi
mostra semplicemente che le lettré
bastiais, ne sachant exactement comment on parle
dans le Talavo (11)
, poteva accettare la lingua della serenata come
una variante di còrso a lui poco nota.
Inoltre le numerose riproposizioni della serenata
in successive raccolte di altri autori non hanno
mai messo in discussione la sua origine;
circolarono addirittura, come riporta Marchetti,
dei tentativi di attribuire la paternità del
canto:selon
certains, à « un des
ancètres de M. Abbatucci, ministre sous
Napoléon III », selon d'autres
à un berger du nom de Francesco
Valeri.(11)
NOTE
(1)
Stefano Tomassini, Amor di Corsica,
Feltrinelli, Milano 2000